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2009/02/27

Antibufala: urla dell’Inferno captate trivellando un pozzo siberiano

Ebbene sì, c'è gente (e non poca) che crede a queste cose, per cui vale comunque la pena sbufalarle, anche perché si impara molto sui meccanismi di propagazione di storie come quella che mi descrive un lettore:

qualche anno fa, sulla rivista Focus, lessi che in Siberia un gruppo di ricercatori, nel scavare una zona, hanno, oltre rilevato nel sottosuolo 1100 gradi circa, registrato delle urla... secondo alcuni, sarebbero le anime dannate che si trovano nell’Inferno, e che tali urla sono il dolore e la sofferenza patiti nell’altro mondo. Qualche giorno fa mi sono ricordato della cosa, e mi sono fatto un giro sul tubo (anche in altri siti, specialmente quelli cattolici, ne parlano) per sentire la registrazione... le dico che sono una persona facilmente impressionabile e che tale registrazione in seguito mi ha fatto passare alcune notti in bianco. Secondo lei è una delle tante leggende metropolitane oppure è vera?

Non ho conferme della citazione da parte della rivista Focus, ma Truthorfiction.com e Snopes.com hanno due indagini sulla vicenda che indicano che all'origine di tutto c'è una notizia vera. Attenzione: ho detto all'origine.

Nel 1984, la rivista Scientific American pubblicò infatti un articolo che descrisse una trivellazione sperimentale che veniva effettuata nella Penisola di Kola, in Russia, ed aveva raggiunto la ragguardevole profondità di 12 chilometri. A quella profondità i ricercatori avevano trovato rare formazioni rocciose, gas e acqua, e temperature fino a 180 gradi (non è chiaro se centigradi o Fahrenheit). Cosa ben diversa dai 1100 gradi descritti nella storia che circola in Rete, per esempio in inglese e in italiano, spesso accompagnata da una registrazione audio.

Come avrete probabilmente intuito, Scientific American non fece alcuna menzione di grida infernali. Anche senza andare a scomodare la prestigiosa rivista, basta un pizzico di buon senso per chiedersi come avrebbe mai fatto una trivellazione a captare dei rumori: avrebbero calato un microfono nel pozzo? Con una prolunga di una dozzina di chilometri? E a che pro i trivellatori avrebbero dovuto calare un microfono?

Il resto della vicenda è un deprimente corto circuito di notizie che nessuno si prende la briga di confermare. Ne parlò nel 1989 la rete televisiva cristiana californiana Trinity Broadcasting Network, dando come fonte della notizia un articolo nel giornale finlandese Ammennusatia, che raccoglieva le sconcertanti dichiarazioni di un certo dottor Azzacov, responsabile del progetto nella lontana Siberia.

La TBN aveva ricevuto l'articolo finlandese da un evangelista del Texas, R.W. Schambach, che lo aveva ricevuto a sua volta da una "rispettabile rivista scientifica" finlandese e da una lettera inviata da un norvegese, Age Rendalen, che ne aveva inviato copia anche direttamente alla TBN.

Ma Rendalen, raggiunto da Truthorfiction.com, confessò di essersi inventato tutto: la storia già circolava nei network religiosi americani e lui l'aveva abbellita, aggiungendo il dettaglio di un'enorme creatura dalle sembianze di pipistrello che sarebbe sbucata dal pozzo, per vedere se qualcuno l'avrebbe verificata. Allegò una copia di un articolo che disse provenire dal giornale più grande e rispettato della Norvegia, che parlava, secondo lui, della vicenda. In realtà era un articolo di un giornale locale che parlava di un ispettore edile.

Rendalen incluse anche il nome e il numero di telefono di un suo amico pastore californiano, che era a conoscenza della burla e aveva l'ordine di rivelare tutto qualora qualcuno lo avesse chiamato. Nessuno controllò, e la storia decollò con questo nuovo inquietante dettaglio.

Alcune riviste cristiane effettivamente sbufalarono la storia, ma il celeberrimo tabloid di notizie inventate Weekly World News la ripubblicò nel 1992, collocandola in Alaska, ridandole vita, e così il mito circola ancora vivacemente su Internet. L'immagine all'inizio di quest'articolo è pubblicata da molti siti sostenitori della leggenda ed è probabilmente tratta appunto dal Weekly World News, dato che la grafica dell'immagine è molto simile a quella adottata dal tabloid.

C'è di più. Una rivista molto autorevole nel suo campo, la Biblical Archaeology Review, ripubblicò la storia, ritenendo che fosse così assurda che i lettori l'avrebbero trovata divertente. Ma alcuni di loro la considerarono autentica e cominciarono a diffonderla accompagnata dalla “garanzia” della rivista. Un classico: c'è sempre qualcuno senza senso dell’umorismo e del ridicolo che fraintende qualsiasi parodia.

Non è finita: ad agosto del 1990, il gestore di Truthorfiction.com fu contattato da un pastore di una piccola chiesa di Flagstaff, in Arizona, che diceva di avere prove dell'autenticità della storia, nella persona di un fisico dell'MIT che gli aveva detto in privato di essere uno degli scienziati coinvolti nel progetto di trivellazione e che era in corso un tentativo di calare un microfono più resistente alle temperature, al quale il fisico avrebbe partecipato. Sei mesi più tardi emerse che l'uomo non era affatto un fisico, ma anzi se l'era svignata da Flagstaff con oltre 20.000 dollari che gli erano stati donati dai fedeli per finanziare la sua "spedizione".

E poi mi chiedono "ma che male fanno le bufale?".

Google Earth trova Atlantide!

Le strade di Atlantide scovate in fondo al mare da Google


Avrete letto nei vari media della sensazionale "scoperta" di solchi paralleli di chiara origine artificiale nei fondali marini, la cui mappa è ora disponibile in Google Earth. L'ubicazione di questi solchi, al largo della costa occidentale dell'Africa, ha fatto pensare ad alcuni al ritrovamento di Atlantide.

La storia ha preso così piede che Google ha pubblicato una smentita ufficiale, firmata da .

L'obiezione più immediata è che se quelle fossero strade, gli isolati misurerebbero anche dieci chilometri, come chiunque può verificare usando gli strumenti di misura di Google Earth.

Ma allora a cosa sono dovute quelle forme regolari? Sono in realtà artificiali per davvero, ma Atlantide non c'entra. Sono le ship track, ossia le zone dove sono passate le navi oceanografiche per effettuare misurazioni dirette. Le zone circostanti sono invece stimate tramite altri metodi, e l'incontro fra questa stima e i dati diretti produce nei dati di Google Earth una sorta di scalino che l'occhio non esperto interpreta come solco fisico. Il fenomeno è fra l'altro osservabile anche in altri luoghi che trovate segnalati nell'articolo di Google.

Pietra tombale si sposta da sola. Sul serio

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2010/07/23.

La notizia ha fatto il giro di parecchie testate (Repubblica, ADNKronos, Ticinonline) e la storia è sicuramente ghiotta, perché fa venire i brividi. Ma per chi segue questo genere di vicende il bufalometro va subito a fondo scala, perché rileva tutti gli ingredienti classici della categoria horror.

La storia è questa: in un paesino olandese c'è una pietra tombale che si sposta da sola. La polizia, sospettando atti vandalici, ha piazzato una telecamera nascosta, ma il video mostra appunto la pietra che si muove senza che nessuno la tocchi. Il video, però, è stato segretato, e la scienza, come al solito, non saprebbe dare spiegazioni. La troupe di Voyager si è precipitata a consultare l'Atlante DeAgostini per calcolare la distanza dal paesino a Rennes-le-Château espressa in femtoparsec e scoprire un'incredibile correlazione con la distanza Terra-Luna misurata in spanne delle mani di Gianni Morandi.

Confesso, quest'ultima parte è inventata (almeno per ora). Ma il resto no. Vediamo di fare un po' di chiarezza, con l'aiuto non della stampa tradizionale italiana, che s'è limitata ad un allegro quanto maldestrocopiaincolla, ma con il lavoro dei blogger e dei ricercatori che si sono coordinati via Internet. Spero di citare correttamente tutti coloro che hanno contribuito a sbufalare questa storia, perché sono davvero tanti.

Innanzi tutto c'è confusione su dove sia avvenuto il fatto: Repubblica indica un "paesino del profondo nord dell'Olanda, 162 anime in tutto" di nome Aalsum, ADNKronos mantiene la conta delle anime e la collocazione settentrionale olandese, ma indica Aalsten. Andiamo bene. O un branco di zombi zoccoluti sta uscendo in massa dalle tombe dei Paesi Bassi e i paesini olandesi sono fatti con lo stampino, o qualcuno non è manco capace di copiare correttamente un nome di una località.

Molti articoli citano le parole inquietanti della portavoce della polizia, Anna Van der Meer:

"Assurdo, da brividi, assolutamente incredibile. Quando ho visto il nostro video sono rimasta di stucco. Si vede la pietra scivolare di lato, quasi cadere per terra. Poi tocca la tomba di fianco e si ferma lasciando il sepolcro in gran parte scoperchiato con un movimento di più di un metro. Com'è possibile? Non lo so, pesa 450 chili. Oltretutto nel video si vede benissimo che la pietra è ferma, poi in un batter d'occhio schizza di lato. Non ho mai visto una cosa del genere in tutta la mia carriera. Noi non abbiamo nessuna spiegazione."

Ma la spiegazione c'è: basta cercarla bene. Cominciamo dalla località: Francesco F. osserva che non c'è nessuna Aalsten in Olanda, secondo Google Earth (c'è una Aalst, ma in Belgio). Esiste invece una Aalsum, che ha anche una pagina su Wikipedia in olandese dove è riportata (senza fonti) quest'informazione:

Op 18 februari 2009 kwam Aalsum in het nieuws door een grafsteen die in een paar seconde een meter verschoof. Dit gebeurde zonder dat er dan ook maar enig zichtbaar menselijk handelen aan te pas kwam. Doordat de familie al vijf keer aangifte had gedaan van grafschennis besloot de politie een camera op te hangen. Deze camera had niet het gewenste effect van het aanhouden van 'de dader'. Toen de een agent (na de volgende melding van grafschennis) de beelden terug keek bleek dit 'uit zich zelf' te zijn gebeurd. Het Nederlands Forensisch Instituut heeft de zaak onderzocht en is tot een conclusie gekomen. De te gladde grafsteen is door de zon opgewarmd en daardoor uitgezet. De druk tussen de afdekplaat en de grafsteen is door de warmte veel toegenomen. Door de combinatie van deze dingen is de grafsteen dus verschoven.

Una traduzione spiccia con Google Translate (il mio olandese non è brillante), controllata poi dagli amici olandesi d'adozione Robin e Sarah, indica che la polizia scientifica olandese ha dato eccome una spiegazione: la lapide, troppo liscia, si scalda al sole e si dilata. Il calore aumenta la pressione fra la copertura sotto la lapide e la lapide stessa, e questi fattori insieme spostano la pietra.

Qui accanto vedete un'immagine di quella che, stando a Froeks.tv, sarebbe la tomba in questione, e qui c'è una foto della chiesa di Aalsum con annesso cimitero.

I lettori del blog di Massimo Polidoro hanno poi scovato l'articolo originale olandese del Volkskrant e insieme a Massimo sono arrivati anche loro alla soluzione contattando i colleghi sul posto:

...al cimitero non sono affatto sconvolti da quello che è accaduto. Il custode del cimitero ha spiegato che il fenomeno della lastra che scivola e cade si è verificato ogni volta in cui ha fatto molto freddo e poi, all’improvviso, è uscito il sole.

Come già anticipato dalla polizia olandese, si tratta molto probabilmente di una questione di dilatazione termica cui vanno aggiunti il marmo estremamente levigato del coperchio, che diventa così molto scivoloso, e l’inclinazione della tomba. Oltretutto, il custode ha spiegato che il marmista ha ammesso l’errore e ha ripreso il coperchio nel suo laboratorio per renderlo meno scivoloso.

I dettagli corrispondono a quanto descritto dai siti olandesi Ed.nl, Geenstijl.nl e Leeuwardercourant.nl. Una gran montatura, insomma, che i media avrebbero potuto evitare con un minimo di verifica. Ma perché lasciare che la verità guasti una bella storia?

Ecco la vignetta di Moise, pubblicata inizialmente su AFNews e ripubblicata qui per gentile concessione dell'autore.


Aggiornamento 2010/07/23


Csicop.org ha pubblicato un'indagine (in inglese) di Massimo Polidoro che fornisce spiegazioni e dettagli: il movimento della pietra tombale non era laterale, ma verso il basso lungo il suo asse longitudinale, ed è stato osservato sempre in condizioni meteorologiche specifiche: notte fredda con temperature inferiori allo zero, neve o ghiaccio sulla pietra e sole nel pomeriggio. Il fenomeno sembra quindi derivare dalla neve o dal ghiaccio che di giorno, al sole, si scioglie e penetra nella fessura fra la pietra e la superficie liscia dei suoi supporti. Quest'acqua, di notte, gela e si espande, penetrando ulteriormente fino a formare un velo di ghiaccio sul quale poggia la pietra. Il calore diurno scioglie progressivamente questo velo, formando una pellicola d'acqua sulla quale la pietra può scorrere facilmente e di colpo nell'istante in cui l'attrito diventa insufficiente a trattenere la pietra contro la forza di gravità.

Piccola demo di realtà aumentata

Più facile farla vedere che spiegarla: la "realtà aumentata" non è un giocattolo


Il concetto circola da qualche anno, ma sembra aver preso piede ultimamente grazie a un salto di qualità e a una notevole semplificazione dell'utilizzo: mi riferisco alla realtà aumentata, ossia l'integrazione in tempo reale di oggetti virtuali in una scena reale.

E' una funzione utilissima per fornire molte informazioni in modo intuitivo e senza distogliere lo sguardo, per esempio durante la guida o un'operazione chirurgica (o la sua pianificazione, come mostrato qui accanto) o un'azione di polizia, ma anche per scopi ricreativi o educativi.

La realtà aumentata (augmented reality in inglese) non è il parente povero della realtà virtuale, nella quale tutto è generato digitalmente tranne eventualmente il protagonista, ma è semmai il suo contrario: nella realtà aumentata tutto è reale, tranne qualche oggetto digitale, che viene aggiunto e inserito nella visuale dell'osservatore come se esistesse realmente, rispettando quindi movimenti e prospettiva.

Questo comporta minori esigenze di potenza di calcolo e apre possibilità di utilizzo differenti: immaginate, per esempio, di guidare e vedere davanti a voi, in sovrimpressione, le istruzioni grafiche del navigatore o l'indicazione della vostra velocità o un segnale di presenza di un'auto nel punto cieco degli specchietti retrovisori, senza dover togliere lo sguardo dalla strada (un po' come l'HUD utilizzato dai piloti militari). Un'altra applicazione, proposta da Microsoft, è un sistema integrato in un telefonino: basta inquadrare una strada perché il telefonino riconosca la propria ubicazione e sovrapponga all'immagine informazioni sui negozi o ristoranti locali, oppure mostri agli addetti agli scavi la disposizione di cavi e condotte sotterranee che sarebbe opportuno non tranciare.

Spiegarla è complicato, ma è molto più semplice mostrarla in funzione tramite uno dei tanti siti che ne offre dimostrazioni gratuite a scopo pubblicitario, come questo. Vi basta avere una connessione a Internet e un computer dotato di webcam.

Per prima cosa stampate il foglio con l'immagine di guida (fiduciary marker) seguendo le indicazioni sullo schermo (basta cliccare sull'icona della stampante nella pagina Web). Poi cliccate sul pulsante che avvia la realtà aumentata, date il consenso all'uso della webcam, e piazzate il foglio in modo che la webcam lo veda. E divertitevi.



Nel caso dell'animazione mostrata in questa demo che ho preparato alla buona stanotte, inoltre, potete soffiare nel microfono del computer per far ruotare più velocemente le pale dei generatori eolici virtuali.

Trovate moltissimi altri esempi (e uno splendido plug-in per Google Sketchup) anche su Youtube cercando le parole augmented reality.

Truffa alla nigeriana colpisce in Svizzera, come difendersi

Attenzione ai corteggiatori online che rubano soldi, truffano anche in Svizzera


Non sono solo le signore canadesi a finire vittima dei truffatori che si spacciano per spasimanti, come ho raccontato di recente. Mi è arrivata infatti la sconsolata segnalazione di una persona qui in Canton Ticino (la chiamerò Anna, ma non è il suo vero nome) che si è vista truffare ben 10.000 franchi da una persona conosciuta presso un sito d'incontri personali su Internet. La persona si è presentata come Mike Smith, un ingegnere che stava finendo un progetto a Lagos, in Nigeria.

Anna e "Mike" (anche questo nome è fasullo, ma per ben altri motivi) hanno chiacchierato via Internet per una settimana circa. Mike le ha mandato la propria foto, mostrata qui accanto, e ha fatto colpo su Anna. Si è poi conquistato la sua fiducia mandandole dei documenti e chiedendole di custodirli fino al suo arrivo in Svizzera. Poi le ha mandato anche un assegno di ben 12.500 euro, che lei ha versato sul proprio conto. La banca lo ha accettato, dicendo che ci sarebbero volute circa "3-4 settimane prima di ricevere i soldi", mi racconta Anna.

Mike, a questo punto, ha chiesto ad Anna di mandargli 500 dollari per prenotare il suo biglietto aereo; Anna, rassicurata dall'assegno, glieli ha inviati. E ne ha inviati altri, chiesti da Mike con varie motivazioni, fino a raggiungere la cifra di circa 10.000 franchi.

Un paio di settimane fa, Mike ha scritto ad Anna dicendo che aveva terminato il proprio lavoro, ma che per accedere ai propri soldi doveva pagare 3500 dollari di tasse: ha chiesto ad Anna di prestarglieli. Anna ha rifiutato e Mike s'è arrabbiato. Il giorno dopo le ha scritto dicendo che aveva venduto dalla disperazione il proprio orologio e dei vestiti, ma ancora gli mancavano 2500 dollari.

Dopo altri due giorni, Mike ha scritto di nuovo, dicendo ad Anna che lui era in ospedale perché s'era sentito male per colpa della signora e che gli servivano 150 dollari per le medicine. Anna, scossa, glieli ha mandati. Mike ha lasciato passare qualche giorno e si è rifatto vivo, chiedendo 100 dollari per pagare Internet, altrimenti non avrebbero potuto più chattare. Anna ha rifiutato e i contatti si sono interrotti.

Anna è tornata sul sito d'incontri e ha trovato Mike che corteggiava già un'altra donna. Poi le è arrivata la risposta della banca: l'assegno era falso e quindi Anna aveva mandato soldi buoni tramite Western Union in cambio di carta straccia. Mike Smith non era un corteggiatore, non era un ingegnere e non si chiamava neanche Mike Smith: è un truffatore. Le sue foto sono false (il volto è di qualcun altro, forse preso da un catalogo di moda) e anche il documento che ha inviato ad Anna è falso. Un falso forse evidente a noi smanettoni d'informatica, ma credibile per chi non è altrettanto avvezzo alle trappole di Internet e alle magie del fotoritocco digitale.



Ora Anna spera che segnalando pubblicamente la propria costosa disavventura altre donne (e altri uomini, perché la truffa vale per entrambi i sessi) possano evitare di subire lo stesso bruciante raggiro, che fa leva sui sentimenti e la fiducia, ma anche sul fatto che le banche raramente avvisano che un assegno ha l'aria contraffatta, eppure spesso potrebbero farlo: gli assegni di questi truffatori sono stampati da loro e la falsificazione è evidente. La vedo persino io, che ne ho avuti in mano alcuni ma non sono impiegato di banca. Forse la clausola "salvo buon fine" va spiegata meglio ai clienti, e di certo da sola non basta a contrastare queste truffe, nelle quali la vittima abbassa le difese proprio perché riceve un assegno che la banca accetta senza obiezioni e accredita. Salvo buon fine, però, e qui il buon fine non c'è.

La Western Union (la filiale di Locarno), invece, ha discusso la questione con Anna: dopo qualche versamento, gli addetti le hanno chiesto come mai mandava soldi in Nigeria e se era sicura di quello che faceva. Con il senno di poi, Anna ammette che non ha voluto ascoltare il loro monito. Credeva di avere in mano un assegno valido. La chiave del successo dell'inganno, insomma, è sempre l'assegno.

L'utente non esperto di Internet è quindi già vulnerabile in partenza, perché non conosce la truffa alla nigeriana; viene sedotto e poi sottoposto a pressione psicologica dal truffatore; e non trova nessuno che lo metta in guardia contro gli assegni falsi, ma anzi se li vede accettare dalle banche. La polizia, contattata da Anna, ha già risposto di non poter fare nulla: trattandosi di un crimine internazionale, parte del lavoro va svolto dalle autorità nigeriane, che hanno ben altro per le mani.

L'utente è quindi indifeso: l'unica cosa che può fare è mettere sul chi vive gli altri utenti, raccontando ad amici, amiche, colleghi e parenti che esiste la truffa alla nigeriana e che non ci si deve fidare degli assegni mandati da sconosciuti. Anna lo sta facendo tramite il suo racconto, ma il problema è che le persone più vulnerabili a questo genere di raggiro non leggono i blog e non consultano Internet. Bisogna trovare un altro canale di comunicazione per raggiungerle: per questo ne parlo stamattina nel Disinformatico radiofonico.

Grazie ad Anna per aver voluto rendere pubblica la propria testimonianza.

2009/02/25

Danilo Mastrantoni non ruba password e non è un hacker: l’allarme è un falso

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2019/05/06 9:45.

Mi sono arrivate diverse segnalazioni di un allarme per la presunta "presenza di un hacker che si fa chiamare Danilo Mastrantoni" su Facebook. Costui "sarebae [sic] in grado di rubare password ed identità, invalidando gli account dei malcapitati che accettano la sua amicizia o che si iscrivono a gruppi che egli amministra, o che rimangono iscritti in gruppi in cui lui subentra come amministratore; è ritenuto capace persino ad appriopriarsi [sic] indebitamente di codici di carte di credito e creare disfunzioni di sistema al funzionamento di Facebook. È inoltre capace di inoculare virus informatici anche agli utenti iscritti ai suoi gruppi attraverso la ricezione di messaggi che hanno come mittente "Danilo Mastrantoni"."

L'appello consiglia di "inserire tutti i "Danilo Mastrantoni" nella lista degli utenti bloccati entrando nel menù IMPOSTAZIONI e seguendo il percorso PANORAMICA SULLA PRIVACY > CERCA inserendolo nella barra vuota Danilo Mastrantoni e poi BLOCCA UTENTE per ogni profilo risultato."

L'appello, oltre ad altri dettagli sull'"hacker", contiene anche delle istruzioni di difesa che consigliano, fra l'altro, di iscriversi a una "comunità antivirus": un gruppo di Facebook di cui viene fornito il link, "perchè è importante in questo caso rimanere aggiornati per evitare di subire danni al terminale, al profilo di registrazione e a tutti i dati sensibili che potrebbero esservi sottratti."

Di primo acchito sembrerebbe una variante faccialibresca del Bufalovirus mittensis, ossia un allarme ingannevole: non è dal nome di un contatto o di un mittente che si deve decidere la propria sicurezza informatica, e specificare che un dato mittente è pericoloso significa implicitamente distogliere l'attenzione da tutti gli altri mittenti che potrebbero essere altrettanto pericolosi. E' come mandare in giro un avviso "Attenti alle tegole della Acme, se vi cadono in testa vi fanno male!", come se le tegole delle altre marche fossero indolori.

Ma ho l'impressione che ci sia sotto qualcos'altro. Il gruppo Facebook citato nell'appello circolante via mail, infatti, a sua volta cita un articolo che sarebbe stato pubblicato da Repubblica il 23 febbraio scorso e che parlerebbe di un "virus nascosto sotto un finto utente di nome «Danilo Mastrantoni», che prende di mira il sistema di messaggistica del social network per infettare i Pc degli iscritti e successivamente appropriarsi di dati sensibili come i numeri delle carte di credito." C'è anche una citazione di "Barry Schnitt", portavoce di Facebook, e viene detto che "Facebook ha preso precauzioni e all'indirizzo facebook.com/security invita gli utenti ad eliminare i messaggi infetti e «pulire» e soprattutto bloccare o eliminare il finto utente " Danilo Mastrantoni" da i loro pc." Anche McAfee viene citata.

Il problema è che non c'è nessun articolo di Repubblica che contenga le parole "Danilo Mastrantoni", stando almeno a una ricerca negli archivi della testata. E presso Facebook.com/security non c'è nessun invito specifico riguardante l'utente Mastrantoni. Si direbbe, quindi, che qualcuno abbia inventato l'articolo di Repubblica e il riferimento alle pagine di sicurezza di Facebook per darsi autorevolezza. Gatta ci cova.


Allarme inventato, ma da chi?


Assodato che si tratta di un allarme fasullo, ho una teoria sulla sua origine.

Nota di aggiornamento: siccome alcuni lettori hanno interpretato male questa parte dell'articolo, ribadisco che è una teoria, una mia congettura personale, un'ipotesi. Non è una certezza e non è un'accusa.

C'è una pagina del sito Francescaferrara.net di ottobre 2008 che lamenta un plagio operato ai danni di chi scrive sul sito, Francesca Ferrara, da parte di un certo Danilo Mastrantoni.

Che tutta la storia sia una peculiare forma di vendetta di Francesca contro un plagiatore, una finzione per far parlare di sé o per vedere quanta gente abbocca?

Sarebbe una tattica originale, ma c'è il rischio che la cosa sfugga di mano e finisca per diventare un altro dei tanti allarmi bufala immortali che appestano Internet.


2009/02/26, mattina: Rettifica, Francesca dice che ho preso un granchio


Subito dopo aver pubblicato la prima stesura di questo articolo ho contattato Francesca Ferrara per avere la sua versione dei fatti (ho pubblicato prima di attendere la sua risposta perché capita spesso che le risposte non arrivino mai, come nel caso della rivista Fotografare, e quando circolano questi appelli fasulli la tempestività è importante). Stamattina è arrivata la risposta di Francesca: dice che con la mia congettura ho preso "uno delle più megagalattiche cantonate mai esistite prima" (sic) ed esclude ogni sua intenzione di vendetta, marketing virale, hackeraggio o altro. Qui sotto trovate anche i commenti di Catepol sulla vicenda.

Aggiorno di conseguenza quest'articolo e mi scuso se ho causato equivoci. La mia ipotesi era chiaramente indicata come congettura personale, separata dai fatti, ma si vede che alcuni lettori l'hanno letta un po' di corsa.

Resta la curiosità di sapere chi ha partorito l'allarme: la creazione del falso articolo di Repubblica sembra escludere l'equivoco e punta verso un atto intenzionale.

Il gruppo di Facebook citato nell'appello, quello che a sua volta cita un inesistente articolo di Repubblica, ha un'aria decisamente sospetta: oltre a pubblicare un articolo fasullo, infatti, i suoi amministratori si qualificano come agenti di polizia di Miami (come vedete qui accanto). Perché mai le forze dell'ordine statunitensi dovrebbero citare Repubblica?

Tutto sembra puntare verso identità fasulle, che sono una delle piaghe di Facebook. Suggerisco di stare alla larga da questo gruppo e più in generale di non fidarsi degli allarmi non documentati e di non propagarli senza averli controllati.


2009/02/26 13:20


Da fonti che per ora non posso divulgare sembra confermata l'ipotesi della vendetta personale alla base dell'appello fasullo, ma non è Francesca a compierla, bensì una terza persona. Pubblicherò maggiori dettagli se ottengo conferme e consenso degli interessati.


2015/11/16 1:15


Il consenso di cui accennavo nell’aggiornamento precedente non è mai arrivato. In compenso mi è arrivata la richiesta di rimuovere la foto del presunto “Danilo Mastrantoni” da parte di una persona che ha dichiarato di essere l’uomo ritratto nella foto, per cui ho rimosso l’immagine per prudenza.


2019/05/06 9:45


Ho riscritto il titolo di questo articolo perché a quanto pare per alcuni duri di comprendonio il titolo originale (“Antibufala: l'allarme per Danilo Mastrantoni, il rubapassword di Facebook, è falso”) non era sufficientemente chiaro e questo, secondo una segnalazione, stava causando problemi a chi si chiama Danilo Mastrantoni.


2009/02/21

Scie chimiche sopra il Maniero Digitale!

Domandina per gli sciachimisti: se io faccio parte del complotto, perché ci sono così tante scie chimiche sopra casa mia?


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Oggi è stata una splendida giornata di sole a Lugano, e così ho colto l'occasione per provare Gawker, un comodo programma per la cattura di fotogrammi temporizzati (time-lapse) tramite webcam per il Mac. Ho fatto anche un piccolo esperimento che non mi risulta sia ancora stato fatto dai sostenitori della teoria delle "scie chimiche", ossia riprendere un'intera giornata di cielo e osservarla accelerata per vedere l'evoluzione delle scie di condensa prodotte dagli aerei di passaggio.

Questo video spiccio e sporco, accelerato di 100 volte rispetto alla realtà, permette di apprezzare la persistenza delle scie di condensa quando le condizioni in quota sono favorevoli e di notare come il vento le trasporti senza alterarne molto la linearità e senza disperderle granché, cosa che renderebbe assurda e impraticabile qualunque presunta irrorazione "mirata".

Si nota anche una scia interrotta, che testimonia la non omogeneità delle condizioni dell'atmosfera, e si vedono scie traverse (rispetto alla maggioranza, che si estende parallela all'orizzonte in direzione nord-sud), che secondo certi sciachimisti non possono esistere.

Quello che colpisce di più, nella parte centrale del video, è il vero e proprio plotone di scie parallele che avanza verso la webcam: un fenomeno difficile da rilevare a velocità normale. Mi chiedo se è questa l'origine delle scie parallele che caratterizzano le foto degli sciachimisti: gli aerei non procederebbero per file parallele a formare una presunta griglia, ma volerebbero grosso modo lungo la stessa rotta in tempi differenti e sarebbe il vento a spostare progressivamente le scie.



Il video (ne ho una versione a risoluzione migliore, 640x480) ha l'indicazione del tempo ed è ripreso da un punto geografico conosciuto (casa mia, a queste coordinate) e in una direzione conosciuta (il monte a destra è il San Salvatore). Questo permetterebbe di sapere quali aerei di linea passavano durante la ripresa e di correlare le scie con i voli corrispondenti: un'altra cosa che gli sciachimisti evitano sistematicamente di fare.

Questa è la direzione di ripresa (immagine cliccabile per ingrandirla):



E questa è una mappa delle rotte della zona, risalente al 2008 (immagine cliccabile per ingrandirla):



Come faccio a sapere che sono scie di condensa e non scie chimiche? Semplice: gli sciachimisti dicono che io faccio parte del complotto (con tanto di "impianti bioplasmatici" che proiettano "l'ologramma umano"), quindi è ovvio che sopra casa mia non ci devono essere irrorazioni chimiche.

2009/02/20

Occhio ai Javascript nei PDF con Acrobat

Falla nei PDF, disattivate Javascript nel vostro lettore


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Uno dei vantaggi del formato PDF, popolarissimo per la distribuzione digitale di documenti, è sempre stata la sua sicurezza: non poteva essere usato come vettore di infezioni o di attacchi informatici (come vettore di scemenze letterarie sì, ma questa è un'altra storia). Non è più così.

Arriva infatti dal sito di sicurezza informatica Shadowserver.com la segnalazione di un vulnerabilità "molto grave" in Adobe Acrobat Reader, uno dei più diffusi programmi per la lettura di questo formato PDF, e specificamente nelle sue versioni 8 e 9; non è ancora confermata la vulnerabilità del programma Acrobat completo (quello usato per generare e modificare i documenti PDF) è stata confermata dopo la prima stesura di questo articolo.

Sono già in corso attacchi basati su questa vulnerabilità, che viene scatenata utilizzato le funzioni Javascript presenti nel programma: la vittima riceve un PDF appositamente confezionato e il suo computer va in tilt in vari modi a seconda del sistema operativo e della quantità di memoria installata, permettendo l'esecuzione di codice ostile a piacimento dell'aggressore.

La soluzione, in attesa del rattoppo da parte di Adobe, è disabilitare Javascript nel programma: in questo modo, un PDF infetto farà crashare il Reader ma non farà altri danni. Per eseguire questa disabilitazione basta andare in Modifica - Preferenze - Javascript e disattivare la casella dedicata al Javascript (Edit -> Preferences -> JavaScript, disattivare Enable Acrobat JavaScript). I principali antivirus sono già in grado di rilevare questo tipo di attacco.

Truffa alla nigeriana, 300˙000 dollari spillati per amore

"Ma chi vuoi che ci caschi?" Lo dicono tutti, fino a quando ci cascano loro


La truffa alla nigeriana è un classico di Internet, ma non cessa mai di funzionare e di mietere vittime nonostante sia, vista da fuori, una trappola fin troppo evidente. Eppure quando ci si è coinvolti personalmente la si vive in modo completamente diverso.

Ne è un esempio recente la vicenda di un gruppo di donne di Edmonton, in Canada, segnalata da un quotidiano locale, l'Edmonton Sun. I truffatori usano i dati personali pubblicati dagli utenti su siti di social networking come Myspace, Facebook e simili (specialmente quelli dedicati alla ricerca di partner sentimentali) per selezionare le vittime potenziali: in questo caso, donne divorziate non più giovanissime.

Dopo la selezione, i truffatori trascorrono mesi a chattare e a scambiare mail di corrispondenza amorosa con la vittima, spacciandosi per uomini d'affari più giovani in viaggio per il mondo con frequenti tappe in Nigeria (dove in realtà risiedono). Promettono di venire a trovare il loro "partner" e di sposarlo e creano una vera e propria dipendenza emotiva, come racconta efficacemente una delle vittime canadesi:

Non vedi l'ora di tornare a casa dal lavoro per scambiare messaggi con loro... non sono come un partner nella vita reale: loro sono sempre lì a disposizione, e dicono sempre cose positive. Mai niente di brutto. È quello che vogliono sentirsi dire tutti.

Una volta che hanno incastrato sentimentalmente la propria vittima, questi criminali procedono implacabilmente al passo successivo: scrivono dicendo di avere improvvisamente bisogno di soldi perché sono intrappolati in Nigeria o per via di un'emergenza medica o di un problema con l'acquisto dei biglietti aerei. E la vittima, anche se messa in guardia dagli amici, abbocca.

Ho avuto tantissimi amici che mi hanno detto "Non mandare soldi", ma ami quella persona e le credi e non ti vuoi fermare.... pensi di essere più furba dei delinquenti, ma non lo sei: può capitare a chiunque.

Viste da dentro, insomma, queste truffe sono molto meno evidenti di quel che potreste pensare, perché giocano tutto sui sentimenti e le emozioni. Tutti pensano "tanto a me non capita": e invece capita eccome. Oltretutto, le speranze di recuperare il maltolto sono sostanzialmente nulle, e i truffatori sono incentivati a tessere trame sentimentali lunghe, complesse e persuasive da questa loro impunità e dai guadagni ingenti che ne traggono. Le signore di Edmonton, stando al Sun, hanno dato loro in tutto circa 300.000 dollari canadesi (190.000 euro; 280.000 franchi svizzeri).

Corriere, Raul Bova cade in minestrone di capelli, UFO e scie chimiche

Mi avete segnalato in tanti questo incredibile articolo-minestrone pubblicato da una testata che in teoria conosciamo per una certa sua sobrietà e rispettabilità, ossia il Corriere della Sera, che ha titolato addirittura "La caccia agli Ufo, quattro casi italiani - Un globo bianco comparso anche nel film «Milano-Palermo» alle spalle di Raul Bova".

Abbiamo dunque le prove che almeno qualcuno li guarda, i film di Raul Bova, ma con conseguenze nefaste per la propria capigliatura spaziale e flatulenze chimiche ancora più moleste. Infatti secondo l'autore dell'articolo, Flavio Vanetti, "in Milano-Palermo: il ritorno, film del 2007, compare un globo bianco alle spalle di Raul Bova". Wow.

Ci sarebbero anche altri episodi di avvistamenti misteriosi che avverrebbero in "assenza di spiegazioni scientifiche" e, guarda caso, in concomitanza con il fenomeno delle presunte "scie chimiche", che l'articolista descrive come se fossero un fatto assodato: "Non è la prima volta che gli avvistamenti sono concomitanti con il fenomeno del «chemtrails» e non è la prima volta che si registrano nel Nord-est".

Se non bastassero UFO e scie chimiche per partorire l'equivalente letterario liofilizzato di Voyager, arrivano in soccorso anche i "capelli d'angelo":

Sempre il Nord è stato infine caratterizzato da una pioggia di filamenti. Siamo dal 6 all'8 novembre. I capelli d'angelo, lunghi da 50 centimetri a 2 metri, cadono a Parma, Treviso, tra Milano e Pavia e in altri posti. Erano elettrizzati: acciuffati con le mani, si appiccicavano. Non solo: collocati in contenitori di vetro, si appallottolavano a gran velocità. Un caso? No. Qualcosa di simile accadde il 27 ottobre 1954: su Firenze apparvero oggetti bianchi e dall'alto scese una bambagia vetrosa i cui fiocchi si scioglievano al suolo.


Il tutto è condito da una foto di un oggetto, descritta come "avvistamento in Sicilia del comandante Garofalo", che è il solito oggettino circolare sgranato e sfocato, mostrato senza alcun contesto. Solo che Paolo Toselli su Focus.it nota che l'UFO mostrato dal Corriere con tanta sicurezza ha una straordinaria somiglianza con il veicolo alieno del film Chicken Little, specialmente la versione offerta insieme alle merendine Kinder. La seconda foto è tratta da Pianetahobby.it.



Sarà un caso? Davvero gli alieni fanno reverse engineering dei regali delle merendine?

Quello che colpisce di tutto l'articolo è che si fanno affermazioni apparentemente precise, ma che poi risultano essere solo vaghe approssimazioni. Si parla di "un velivolo di linea italiano in crociera da Catania a Napoli" del 15 ottobre o di "un aereo civile" a Verona il 27 settembre 2008: ci voleva tanto a dare il numero del volo e l'orario? Un link a un rapporto tecnico sull'evento? Chi sono coloro che l'avrebbero "osservato simultaneamente da terra"? Niente. Questo non è giornalismo, è pettegolezzo da portinaia; e dispiace notare che gran parte della "ricerca" ufologica usa questi metodi.

Nell'articolo del Corriere manca persino un link al filmato dell'UFO durante le riprese del film con Raul Bova: è forse un bene, perché guardandolo si rivela una gran delusione: una macchiolina sgranata che potrebbe essere qualunque cosa, per esempio lo sfocato riflesso momentaneo di un aereo che passa e che in quell'istante è angolato in modo da riflettere il sole (una cosa analoga mi capitò durante un volo di linea, e solo il teleobiettivo mi permise di capire che era un altro aereo visto quasi di punta).


I link ai video su Youtube sono pubblicati nel blog ufologico di Ivan Ceci. Buona visione.

Lo stesso Ceci, stando alle ricerche di Gianni Comoretto effettuate mediante invocazione a San Google, ha pubblicato qui nello stesso blog la ripresa video di Montebelluna citata dall'articolo: il solito zoom al massimo che mostra un oggetto indistinguibile e completamente sfocato. Considerato che le telecamere di solito mettono a fuoco all'infinito quando non riescono a mettere a fuoco automaticamente, questo indica che l'"UFO" è in realtà vicino all'obiettivo, come indicato dal fatto che l'autofocus riesce, per un istante, a focalizzare sull'oggetto e poi torna all'infinito.

E i "capelli d'angelo" citati nell'articolo? Ho fatto un po' di ricerche e ho chiesto il parere di chi segue i fenomeni di questo genere da tempo, come per esempio Massimo Polidoro (che ne parla qui con specifico riferimento all'episodio di Firenze del 1954), e Simone Angioni, già noto ai lettori del Disinformatico per il suo articolato lavoro sulle presunte "scie chimiche". I "capelli d'angelo" sono un fenomeno che appassiona gli ufologi, ma che è con tutta probabilità maggiormente pertinente per gli entomologi, perché i filamenti sono, guarda caso, molto simili a quelli delle specie di ragno che tessono una sorta di mini-paracadute di ragnatela per propagarsi, come descritto per esempio dall'entomologo John Jackman, della Texas A&M University, citato nel numero 40 (novembre-dicembre 2001) di Scienza & Paranormale, la rivista del CICAP.

Jackman ha infatti illustrato che dopo la nascita, un certo tipo di giovani ragni migratori secerne lunghi fili di seta che, sollevati dal vento, trasportano l'animale lontano, anche per molti chilometri. "È più facile vedere i filamenti in un giorno di sole che fa seguito a un temporale", spiega Jackman, "è un fenomeno molto comune. Quando la luce è giusta se ne possono vedere centinaia di migliaia volare in cielo".


Angioni ha ripreso recentemente in video questo fenomeno stagionale:

Il chimico ha inoltre svolto delle analisi tecniche sui "capelli d'angelo" che ne confermano la natura proteica e non sintetica, men che meno aliena, come spiegato in questo articolo e questo di Angioni e telefonicamente da Angioni stesso durante la diretta radiofonica del Disinformatico.

Invece di rivelarci presunte verità aliene, l'episodio getta insomma luce sul fascino reale della natura, che troppo spesso qualcuno ignora perché è troppo preso a guardare il cielo e a scambiare giocattoli delle merendine per astronavi intergalattiche.

Conficker, taglia da 250˙000 dollari

Microsoft mette una taglia da 250˙000 dollari sugli autori di Conficker


Il worm Conficker/Downadup ha infettato circa dieci milioni di computer, secondo le stime più recenti, e il peggio deve ancora venire, stando a quanto emerge dalla sua analisi. I computer infetti sono infatti un esercito silenzioso di zombi in attesa di ordini dal loro padrone virale.

Il diffondersi di Conficker ha indotto Microsoft a rispolverare l'Anti-Virus Reward Program, creato nel 2003 nell'ambito della lotta ai virus/worm Sobig e Blaster. In un caso, quello del worm Sasser, la taglia indusse al tradimento i soci di Sven Jaschan, condannato come autore del programma ostile. La speranza è che la nuova taglia di 250.000 dollari faccia altrettanto con gli autori di Conficker. L'annuncio di Microsoft è qui.

La minaccia di Conficker è ormai riconosciuta da tempo da tutti i principali antivirus, ma c'è sempre una bella percentuale di irresponsabili utenti di Windows che non usa, usa male o non aggiorna l'antivirus e scambia chiavette USB con estrema promiscuità: per esempio, la rete informatica giudiziaria di Houston, nel Texas, è stata bloccata per giorni, rendendo necessario sospendere gli arresti per reati minori, il pagamento delle cauzioni e tornare a carta e penna per l'amministrazione. I paesi più colpiti da Conficker sono, secondo Panda Security, Spagna, Stati Uniti, Taiwan e Brasile. Ma c'è di meglio in questa gara di salto in basso: da Londra arriva la notizia della paralisi della rete informatica di tre ospedali della capitale britannica infettati da Mydoom, che risale a cinque anni fa.

Gli altri sistemi operativi sono immuni all'infezione di Conficker, ma possono risentire dei suoi effetti collaterali: un elevato traffico sulla rete locale che rallenta i sistemi.

L'ICANN e i gestori dei DNS stanno collaborando per disabilitare i dominii usati di volta in volta da Conficker per ricevere ordini dai suoi padroni (ne usa 250 differenti ogni giorno), e OpenDNS ha attivato un sistema di tracciamento e bloccaggio su misura per questo worm, a disposizione degli amministratori delle reti informatiche, che permette di sapere quando un qualunque computer della propria rete chiama un dominio usato da Conficker ed è quindi infetto.

2009/02/19

Eclissi di... Terra?

Un anello di diamante, un velo sottile: è tutta l'atmosfera che abbiamo


(Credit: JAXA/NHK) La sonda automatica giapponese Kaguya ha da poco trasmesso quest'immagine splendida della Terra che eclissa il Sole, vista dalla Luna, scattata il 10 febbraio scorso.

Il Sole è quasi completamente occultato dal nostro pianeta, e illumina in controluce l'atmosfera terrestre, formando un anello sottile che rende molto chiaramente l'idea di quanto sia tenue lo strato d'aria nel quale vivono tutte le creature del nostro mondo e nel quale rigurgitiamo ogni sorta di porcherie.

A cosa serve l'esplorazione spaziale? A fare scienza, certo, ma anche (e forse soprattutto) a fornire immagini come questa, che più di mille grafici fanno capire quando sia fragile l'ambiente in cui viviamo. E ci fanno ricordare che è l'unico che c'è: rovinato quello, non possiamo andare al centro commerciale a comperarne un altro.

L'immagine è stata scattata mentre la Terra era parzialmente coperta dall'orizzonte lunare, che in questo fotogramma è buio e taglia l'anello dell'atmosfera terrestre in basso.

Addio a Oreste Lionello

Ci lascia Oreste Lionello


E' morto a Roma a 81 anni Oreste Lionello. L'elenco dei personaggi cinematografici e televisivi che ha tradotto e doppiato nella sua grande carriera è incredibile: ha donato la sua voce inconfondibile a Woody Allen, Gene Wilder (impagabile in Frankenstein Junior), Dick Van Dyke in Mary Poppins, Robin Williams in Mork & Mindy, Patrick Macnee (John Steed) in Agente Speciale, e tanti personaggi dei cartoni animati, giusto per fare qualche nome.

Il suo lavoro dietro le quinte nell'adattare alla lingua italiana dialoghi, battute e giochi di parole che a un traduttorucolo come me sembrano impossibili è forse meno noto, ma altrettanto strepitoso. Mancherà a tanti di noi, ma se n'è andato lasciandoci regali indimenticabili.

2009/02/18

Satelliti in collisione, mappa dei detriti

Scontro fra satelliti, rottami in espansione


L'Astronomy Picture of the Day di oggi mostra una mappa della collisione fra un satellite della costellazione Iridium e il satellite russo Cosmos 2251 che avevo segnalato qualche giorno fa. Da questa mappa traggo queste due immagini:

La distribuzione prevista dei rottami (in rosso).

Le traiettorie al momento della collisione.

Occhio alle condizioni di Facebook, cambiano qual piuma al vento

Polemica montante su Facebook, è vero che tutto quello che vi scrivete è loro per sempre?


C'è un po' di panico in Rete per un recente cambiamento delle condizioni di servizio di Facebook: ne parla qui Punto Informatico, per esempio, e ci sono già 68.000 iscritti al gruppo di protesta People Against the new Terms of Service ("Persone contrarie alle nuove condizioni di servizio").

La prima stesura di un articolo su Consumerist.com titolava Facebook's New Terms Of Service: '"We Can Do Anything We Want With Your Content. Forever'", ossia "Nuove condizioni di servizio di Facebook: 'Possiamo fare tutto quello che ci pare con i vostri contenuti. Per sempre'".

Sapete bene che io sono l'ultimo a voler prendere le difese di Facebook (o meglio, dell'uso sconsiderato che ne fanno i suoi utenti), ma va chiarito che la notizia è ora ingannevole e obsoleta, perché nel frattempo Facebook ha fatto dietrofront, come segnala per esempio The Standard.

Al momento in cui scrivo, le condizioni aggiornate di servizio dicono infatti:

By posting User Content to any part of the Site, you automatically grant, and you represent and warrant that you have the right to grant, to the Company an irrevocable, perpetual, non-exclusive, transferable, fully paid, worldwide licence (with the right to sublicence) to use, copy, publicly perform, publicly display, reformat, translate, excerpt (in whole or in part) and distribute such User Content for any purpose, commercial, advertising, or otherwise, on or in connection with the Site or the promotion thereof, to prepare derivative works of, or incorporate into other works, such User Content, and to grant and authorise sublicences of the foregoing.


In sintesi, è vero che le condizioni dicono che quando pubblicate qualcosa su Facebook concedete una "licenza (con diritto di sublicenza) irrevocabile, perpetua, non esclusiva, trasferibile, interamente pagata e mondiale di usare, copiare, rappresentare in pubblico, mostrare in pubblico, riformattare, tradurre, citare (in tutto o in parte) e distribuire" quello che avete pubblicato e che questa licenza permette a Facebook di distribuire il vostro materiale per qualsiasi scopo.

E' altrettanto vero che questa frase, isolata dal contesto, fa sembrare che Facebook si appropri per sempre di quello che postate e che possa farne quello che le pare. Ma non è così.

Le medesime condizioni, infatti, ora contengono subito dopo una frase che era stata rimossa:

You may remove your User Content from the Site at any time. If you choose to remove your User Content, the licence granted above will automatically expire, however you acknowledge that the Company may retain archived copies of your User Content. Facebook does not assert any ownership over your User Content; rather, as between us and you, subject to the rights granted to us in these Terms, you retain full ownership of all of your User Content and any intellectual property rights or other proprietary rights associated with your User Content.


In altre parole, se rimuovete un vostro contenuto dal sito, la suddetta licenza scade. Tuttavia, per ragioni tecniche, è possibile che restino copie d'archivio del vostro materiale. Facebook ribadisce anche che tutti i diritti di proprietà intellettuale rimangono vostri.

Inoltre va da sé che se avete inviato un contenuto a un altro utente, quel contenuto inviato non viene rimosso quando rimuovete la sua versione originale pubblicata nella vostra pagina Facebook.



Questa clausola mancava nella versione aggiornata delle condizioni di servizio pubblicate il 4 febbraio scorso; ora le condizioni sono state ripristinate alla versione precedente.

Il vero problema, qui, è che Facebook ha mostrato chiaramente di avere il diritto di cambiare le regole in qualsiasi momento e non è tenuta a preavvisarvi (anche questo è scritto nelle condizioni di servizio che avete accettato, se siete utenti di Facebook):

We reserve the right, at our sole discretion, to change, modify, add, or delete portions of these Terms of Use at any time without further notice. If we do this, we will post the changes to these Terms of Use on this page and will indicate at the top of this page the date these terms were last revised.


Traduzione: "Ho cambiato le regole del nostro accordo, prega che non le cambi ancora".

Mark Zuckerberg, boss di Facebook, è intervenuto ieri nel suo blog per chiarire la vicenda e promette condizioni future più comprensibili e democraticamente scelte. Staremo a vedere.

2009/02/17

Corso CICAP 2009: come s'indaga una teoria di complotto. Casi pratici, da Kennedy alla Luna all'11 settembre alle scie chimiche

Sabato e domenica scorsi sono stato a Padova per il mio contributo al settimo corso annuale del CICAP di indagini sul presunto paranormale e altre credenze: nella sessione di due giorni dedicata ai cospirazionismi, Massimo Polidoro ha illustrato le teorie e i fatti sull'assassinio del presidente Kennedy e sulla presunta morte di Paul McCartney, Simone Angioni ha presentato una versione ampliata e ulteriormente arricchita della sua indagine sulla teoria delle "scie chimiche", e io mi sono occupato di teorie di complotto intorno agli sbarchi sulla Luna e all'11 settembre.

Con l'aiuto di plastici e modelli abbiamo anche svolto alcuni esperimenti spicci ma efficaci di ricreazione delle presunte anomalie nelle foto lunari. Sabato sera, inoltre, ho proposto aneddoti veri delle missioni Apollo e parodie del lunacomplottismo in una sessione intitolata "Miti lunari: donne nude sulla Luna".

Pubblicherò progressivamente tutto il materiale (video compresi): intanto eccovi la presentazione sulle tecniche d'indagine sui complotti lunari. E' un po' criptica per chi non ha seguito il corso, ma la pubblico qui principalmente per i corsisti e per dare un assaggio di quello che ci sarà nel video.



Purtroppo il tempo è stato tiranno (l'indomani dovevo essere a Milano per una registrazione TV); avrei voluto soffermarmi più a lungo a chiacchierare al di fuori delle sessioni formali con i singoli partecipanti al corso, che ringrazio per la pazienza con i contrattempi tecnici, per l'ospitalità e per gli spunti sempre preziosi. Ci saranno altre occasioni, e restiamo in contatto tramite l'apposita mailing list.

Giusto per darvi un'idea del tipo di esperimenti che abbiamo svolto, ecco una foto del modello in scala del modulo lunare e dell'area di allunaggio dell'Apollo 11, basato sulla cartografia reale e sull'effettiva posizione del sole. Il modello è stato fotografato all'aperto e di notte per evitare riverberi e luci riflesse, e illuminato con una singola fonte di luce a simulare il Sole. Secondo i lunacomplottisti, l'astronauta che scende dalla scaletta dovrebbe essere invisibile perché in ombra, ma nelle foto Apollo si vede eccome: quindi, dicono loro, le foto della missione (come quella più sotto) sarebbero false.






Donne nude sulla Luna


Ecco la mini-presentazione di aneddoti lunari accennata sopra, tratta in parte da Misbegotten Moon. Visto l'argomento, alcune immagini potrebbero non essere adatte a luoghi di lavoro particolarmente bigotti. Buona visione.

2009/02/13

Antibufala: bicarbonato per curare il cancro

Oncologi tutti a casa: il cancro si batte col bicarbonato


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Vignetta di Moise, pubblicata inizialmente su AFNews e ripubblicata qui per gentile concessione dell'autore.

Su Giornalettismo.com è uscito un articolo che mi ha lasciato incredulo quando mi è stato segnalato: poi ho verificato la realtà dei fatti descritti e mi sono dovuto arrendere all'evidenza dello squallore. C'è chi sostiene che per debellare il cancro basta usare il bicarbonato e addirittura presenta in video un caso di guarigione avvenuta con questo metodo.

Certo, chi lo sostiene è Massimo Mazzucco, che non solo non è un oncologo (è un fotografo e occasionale regista) ma è noto per il suo sostegno ad altre teorie eccentriche come le scie chimiche, la negazione dello sbarco sulla Luna, l'ufologia e le teorie di complotto intorno all'11 settembre. Ne ho dimenticata qualcuna? Ah, sì: la Terra cava (noi vivremmo sulla superficie interna di una sfera che contiene l'intero universo; googlate "concezione endosferica" e piangete). Ma molta gente che s'imbatte in questo suo video non sa quale genere di idee sponsorizza il suo autore e di fronte all'impatto emotivo di una testimonianza visiva può convincersi di essere di fronte a una rivoluzione medica, soppressa dai grandi interessi delle società farmaceutiche.

Se poi viene a sapere dal video che la terapia col bicarbonato è addirittura consigliata da un medico, Tullio Simoncini, l'opera di persuasione diventa ancora più forte.

Ora, finché si vuole speculare sullo sbarco sulla Luna o sui morti dell'11 settembre o vendere film di ufologia, pazienza; ma giocare con la disperazione di chi è colpito dal cancro o di chi vede un suo familiare subire questa malattia è troppo.

Perché di gioco si tratta: un gioco squallido e pericoloso. Per fortuna è condotto dilettantescamente da chi vorrebbe far pagare agli altri il prezzo dei propri deliri. John B, il debunker di Giornalettismo.com, analizza il filmato nella versione ad alta risoluzione e scopre che sono addirittura i documenti presentati in video a sostegno della terapia del bicarbonato a sbufalare la testimone, una certa Lorna del Queensland, in Australia.

Lorna non ha affatto mollato la terapia medica convenzionale, come invece dichiara nel video, ma ha subito un intervento chirurgico denominato TURBT: la resezione transuretrale del tumore alla vescica che le era stato diagnosticato. Altro che bicarbonato. Questo dettaglio cruciale non si vede nella versione a bassa risoluzione del video, ma si legge chiaramente in quella ad alta risoluzione a 14 secondi dall'inizio:



Anche se la nostra attenzione viene sviata dalle parole evidenziate da Mazzucco, leggiamo la prima riga dattiloscritta: "...today after her TURBT last week. She tolerated the procedure well". In altre parole, si è fatta operare secondo una procedura chirurgica assolutamente tradizionale e convenzionale, di cui può non essersi accorta per via della sua natura microinvasiva (si passa dall'uretra, senza quindi aprire il paziente).

Il video si sbufala da solo, insomma: ma quanti se ne accorgerebbero, specialmente guardando la versione a bassa risoluzione, in cui le parole sono illeggibili?

E Simoncini? Condannato per omicidio colposo e truffa aggravata e radiato dall'albo per aver somministrato acqua e bicarbonato a due malati di cancro, facendo spendere 7500 euro a testa, e per aver prodotto una letale lacerazione dell'intestino a un paziente iniettando il suo cocktail nella massa tumorale. E' convinto che il cancro sia un fungo.


2009/02/15


Dai commenti alla prima stesura di quest'articolo è emerso il ruolo importantissimo di un utente medico, WeWee, nello sbufalamento della vicenda. La sua discussione con gli utenti di Luogocomune.net e Massimo Mazzucco è pubblicata qui ed è molto educativa sia sulla vicenda medica descritta, sia sul modo di comportarsi di Mazzucco quando viene colto a pubblicare una bufala.


2009/02/18


Ecco le scansioni dei documenti medici mostrati nel video di Mazzucco. Sono tratte da Luogocomune.net, rispettivamente qui e qui, e sono cliccabili per ingrandirle.





A questo punto la menzogna è purtroppo ineludibile.

Antibufala: bambino inglese filma fantasma col telefonino

Come fabbricare un fantasmafonino


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

La notizia arriva dal quotidiano britannico The Sun, non certo noto per il suo rigore scientifico, e viene ripresa dal TgCom. Un presunto fantasma che sarebbe stato ripreso con il telefonino dal dodicenne Reece Pitman di Solihull, vicino Birmingham. La storia è ricca di dettagli; il video parecchio meno.

La sorellina di nove anni, dicono in coro Sun e TgCom, si lamentava che qualcuno le finiva misteriosamente i puzzle durante la notte. La mamma crede che il pargoletto abbia visto davvero uno spettro e ha consultato un sensitivo (anziché un prestigiatore). Julian Banks, della British Paranormal Society, dice che il video è "potenzialmente la migliore immagine di un fantasma da anni". Se questa è la migliore, chissà che schifezza le altre.

Il video, invece, mostra soltanto una sagoma semitrasparente indistinta che si sposta in un corridoio di una casa: è la fantasia di chi guarda un'immagine sgranata a riconoscervi dettagli in realtà inesistenti. Come avrete intuito, infatti, il video è truccato. Ma in che modo? Quale tecnica può aver usato un ragazzino dodicenne per ottenere, direttamente nel telefonino, un video come quello mostrato? Questo è il vero quiz, e se guardate bene il brevissimo filmato si nota l'indizio rivelatore del trucco.

Giusto per dimostrare che tutti possono avere un fantasmafonino senza spendere tanto e senza ricorrere al computer, ecco il mio spettro del Maniero Digitale, ripreso stanotte con il cellulare:


Grazie a Lorenzo per la segnalazione della perla del TGCom.


2009/02/13 20:35


Il trucco è elementare, ed è questo il bello, perché molti pensano a chissà quali diavolerie digitali, mentre in realtà si tratta semplicemente di un foglietto di acetato, reperibile in cartoleria, sul quale è stata disegnata una sagoma approssimativamente umana usando un pennarello speciale per CD. Il foglietto si applica a poca distanza dall'obiettivo del telefonino e si fa scorrere per animare il "fantasma".



2009/02/12

La paura delle parole lunghe esiste

Un test dimostra l'efficacia psicologica delle parole complicate


Nella mia recente chiacchierata sugli schemi di base delle teorie di complotto alla SISSA ho scherzato con Lorenzo Montali coniando al volo il termine polisillabofobia per indicare un ingrediente ricorrente delle bufale e delle paranoie cospirazioniste: i paroloni di natura scientifica e pseudoscientifica che incutono timore. Per esempio, l'ingrediente cancerogeno che ci sarebbe negli shampoo stando un popolare appello-bufala si chiama "sodio lauriletere solfato"; se si fosse chiamato "succo di mirtillo", la bufala avrebbe avuto la stessa presa? "Acido acetilsalicilico" fa paura; "aspirina" no.

In realtà non ho inventato nulla di nuovo. Un articolo pubblicato sulla rivista Psychological Science, intitolato If It's Difficult to Pronounce, It Must Be Risky ("Se è difficile da pronunciare, dev'essere rischioso"), di Hyunjin Song e Norbert Schwarz della University of Michigan, documenta sperimentalmente l'effetto dei nomi complicati sulla percezione dei concetti che rappresentano.

In due esperimenti, sono stati proposti a dei candidati dei nomi di additivi alimentari, senza fornire loro altre informazioni sulla natura degli additivi in questione, chiedendo di valutarne la pericolosità. I candidati hanno attribuito maggiore nocività ai nomi difficili da pronunciare. In un terzo esperimento è stato chiesto di valutare la probabilità di star male (effetto indesiderato) e di divertirsi ed emozionarsi (effetto desiderato) su un'attrazione da luna park in base al suo nome: anche qui i nomi complicati hanno ottenuto punteggi maggiori per entrambe le categorie.

La deduzione degli studiosi è che le parole non familiari stimolano la percezione di un rischio maggiore, a prescindere dal fatto che quel rischio sia desiderabile o meno.

L'articolo è recensito in dettaglio in questo bel pezzo di Veryevolved.com (in inglese). E a proposito del conio, sono arrivato tardi: secondo l'elenco di fobie di Phobialist.com, in inglese esiste già lo scherzoso e spettacolare hippopotomonstrosesquippedaliophobia, che Fobie.org rende in italiano, non so quanto autorevolmente, con hipopotomonstrosesquipedaliofobia (io avrei usato ippopotomonstrosesquipedaliofobia) ed è accettato anche da Wiktionary. Quest'ultima fonte accetta anche la dizione inglese sesquipedaliophobia, di cui Fobie.org cita il calco italiano sesquipedalofobia.